Ci impegniamo a scoprire il ruolo della donna non in rapporto all’uomo; l’uomo non è più il modello a cui adeguare il processo della scoperta di sé in quanto è altro. Superiamo la richiesta di semplice uguaglianza ed incoraggiamo la consapevolezza che la diversità è una risorsa da riconoscere senza giudizi e/o pregiudizi di valore.
Promuoviamo l’empowerment della donna nella vita civile e pubblica al fine di costruire nuovi modelli positivi.
Crediamo che l’identificazione uomo/donna annulli la possibilità di uscire da ruoli prestabiliti e che liberarsi significhi per la donna esprimere il proprio senso dell’esistenza e la propria modalità di essere.
Esistono tanti elementi che indirizzano le scelte di vita di una donna, soprattutto quelle che hanno anche un valore collettivo.
Promuoviamo la cultura del rispetto e le scelte libere da condizionamenti, da qualsiasi forma di esclusione sociale, culturale e lavorativa.
Riconosciamo come fondanti l’antidiscriminazione sul lavoro e la libertà di scelta in rispetto dei diversi contesti personali, sociali, culturali ed economici.
Chiediamo di ripensare le regole e i setting lavorativi in ottica femminile per fare emergere nuovi modelli di partecipazione al mercato del lavoro.
Il linguaggio come massimo artefatto culturale perpetua ruoli prestabiliti, ferisce imponendo logiche sessiste e discriminatorie. Un linguaggio che etichetta e discrimina influisce sul pensiero di tutti.
Chiediamo leggi che sanciscano i nostri diritti ma vogliamo, contemporaneamente, un rovesciamento culturale che faccia emergere i doveri ereditati solo per genere (dovere alla cura, dovere alla famiglia, dovere al multitasking).
L’inclusione che immaginiamo coglie la portata delle grandi trasformazioni della nostra epoca: ribaltamento degli standard esistenziali e riflessione sul concetto di sostenibilità; multiculturalismo e migrazioni di massa; manifestazioni razziste, xenofobe e violazioni dei diritti conquistati.
Crediamo nella necessità di partecipare alla vita culturale, sociale e politica del Paese in cui viviamo come parte attiva per riformarla secondo nuove prospettive e nuove categorie.
Condanniamo tutte le forme di violenza e discriminazione di genere.
La manifestazione più evidente della violenza di genere si esplicita attraverso l’immane numero di femminicidi che ogni anno si perpetuano nel nostro Paese. Esiste però una violenza ben più sottile, più difficile da riconoscere che è quella che si esprime nel linguaggio, che assegna ruoli e ci rende trasparenti socialmente, culturalmente e politicamente.
Occorre una maggiore attenzione alla specificità femminile nella prevenzione e cura tenendo conto della differenza del corpo della donna fin dall’adolescenza e alla necessità di approfondire le tematiche di genere in relazione anche alla prosecuzione dell’attività lavorativa in età avanzata e le sue ripercussioni sulla salute.
Tutte le istituzioni hanno il dovere di tradurre principi consolidati in politica agita nell’ambito delle proprie competenze, nel solco della nostra Costituzione e delle normative italiane e delle strategie europee. (Approfondisci)
La battaglia contro le disuguaglianze passa attraverso la “principale disuguaglianza” che è quella di genere, da prevenire e contrastare mediante azioni positive a tutti i livelli (anche in considerazione degli effetti particolarmente negativi sulla condizione femminile che la pandemia da COVID 19 ha provocato).
La strategia per la parità di genere 2020-2025 adottata dalla Commissione europea e la Convenzione di Istanbul per il contrasto alla violenza contro le donne e la violenza domestica, ratificata dall’Italia con la Legge 27 giugno 2013, n. 77, rappresentano il contesto in cui inserire politiche, obiettivi ed azioni anche locali.
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